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Sottoprodotti di materie prime plastiche e servizio di ispezione di IIP secondo UNI 10667-1

L’industria italiana delle materie plastiche rappresenta in ambito europeo un’eccellenza nell’impiego dei rifiuti e delle materie prime secondarie. Per mantenere questo risultato occorre che la filiera ponga la giusta attenzione alle normative nazionali ed europee. Al fine di supportare le aziende in questo compito, l’IIP ha sviluppato un servizio di ispezione secondo la norma UNI 10667- 1 che classifica le materie plastiche prime-secondarie ottenute da recupero e riciclo di rifiuti di plastica e i sottoprodotti.

E’ utile richiamare i principali riferimenti legislativi che disciplina questa materia.
Innanzitutto, il Dlgs 205/10, entrato in vigore il 25 dicembre 2010, ha apportato alcune modifiche rilevanti al Codice Ambientale – Dlgs 152/06 – tra le quali la modifica della nozione di sottoprodotto, con riflessi anche sulla definizione di “materia prima seconda all’origine”.
Inoltre, il DM 5 febbraio 1998 chiarisce che le materie prime seconde, affinché siano tali, devono risultare conformi alle specifiche Uni Uniplast 10667.
la principale novità normativa è rappresentata dalla nozione di sottoprodotto. Partendo dalla definizione, contenuta all’art. 12 del Dlgs 205/10 si chiarisce che:

“Articolo 184-bis  (Sottoprodotto)

1. E’ un sottoprodotto e non un rifiuto  ai  sensi  dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che  soddisfa tutte le seguenti condizioni:

   a) la sostanza o l’oggetto  e’  originato  da  un  processo  di produzione, di cui costituisce  parte  integrante,  e  il  cui  scopo primario non e’ la produzione di tale sostanza od oggetto;

   b) e’ certo che la sostanza o l’oggetto sara’  utilizzato,  nel corso dello stesso o di un successivo processo  di  produzione  o  di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

   c) la sostanza o l’oggetto puo’ essere utilizzato  direttamente senza alcun  ulteriore  trattamento  diverso  dalla  normale  pratica industriale;

   d)  l’ulteriore  utilizzo  e’  legale,  ossia  la  sostanza   o l’oggetto soddisfa,  per  l’utilizzo  specifico,  tutti  i  requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e  la  protezione  della  salute  e dell’ambiente  e  non  portera’  a   impatti   complessivi   negative sull’ambiente o la salute umana.

2. Sulla base delle  condizioni  previste  al  comma  1,  possono essere  adottate  misure  per   stabilire   criteri   qualitativi   o quantitativi da soddisfare affinche’ specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con  uno  o  piu’  decreti  del  Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio  e  del  mare,  ai  sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  in conformita’ a quanto previsto dalla disciplina comunitaria.

— omissis —

Articolo 184-ter (Cessazione della qualifica di rifiuto)

1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando e’ stato sottoposto  a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e  la  preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici,  da  adottare  nel rispetto delle seguenti condizioni:

      a) la sostanza o l’oggetto e’ comunemente utilizzato per  scopi specifici;

      b) esiste un  mercato  o  una  domanda  per  tale  sostanza  od oggetto;

      c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la  normativa  e  gli  standard  esistenti applicabili ai prodotti;

      d) l’utilizzo della sostanza  o  dell’oggetto  non  portera’  a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

2. L’operazione di recupero  puo’  consistere  semplicemente  nel controllare  i  rifiuti  per  verificare  se  soddisfano  i   criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1  sono  adottati  in  conformita’  a  quanto  stabilito  dalla disciplina comunitaria ovvero, in  mancanza  di  criteri  comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto  attraverso  uno  o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori  limite  per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i  possibili  effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.

3. Nelle more dell’adozione di uno o piu’ decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di  cui  ai  decreti  del Ministro dell’ambiente e  della  tutela  del  territorio  in  data  5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n.  269  e l’art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6  novembre  2008,  n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008,  n. 210. La circolare del Ministero dell’ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall’entrata  in  vigore  della presente disposizione.

4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo e’  da  computarsi  ai  fini  del  calcolo  del raggiungimento degli obiettivi di recupero  e  riciclaggio  stability dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n  209, dal decreto legislativo  25  luglio  2005,  n.  151,  e  dal  decreto legislativo  120  novembre  2008,  n.  188,  ovvero  dagli  atti   di recepimento  di  ulteriori  normative  comunitarie,   qualora   e   a condizione  che  siano  soddisfatti  i  requisiti   in   materia   di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.

5. La disciplina in materia di gestione dei  rifiuti  si  applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

Sottoprodotto

In definitiva, il sottoprodotto:
a) non necessita di essere sottoposto al trattamento di recupero, altrimenti non rivestirebbe le caratteristiche merceologiche e ambientali che lo connotano sin dall’origine, e che lo qualificano come tale, contrapponendolo e distinguendolo dal “rifiuto” (soggetto a trattamento di recupero, proprio perché, come “residuo produttivo”, non possiede dette caratteristiche di qualità).

Ma, al contempo, non è più richiesto, in modo rigoroso che il sottoprodotto sia utilizzato “tal quale” in quanto sono permessi trattamenti minimi, rientranti nella normale pratica industriale, come sopra identificata.

A questo punto torna utile richiamare la norma UNI 10667 , tra l’altro richiamata nell’allegato 1 del d.m. 5 febbraio 1998 dove vengono specificate le norme e gli standard prescritti per ciascun tipo di rifiuto e per ogni attività e metodo di recupero degli stessi. Con particolare riferimento ai rifiuti di plastica, il testo normativo disciplina anche il recupero degli sfridi, degli scarti, delle polveri, dei rifiuti di materie plastiche e delle fibre sintetiche, stabilendo che le materie prime ed i prodotti ottenuti fossero conformi alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 (allegato 1, paragrafo 6.2).

La norma UNI 10667-1 (edizione agosto 2010 ) classifica le materie plastiche prime-secondarie ottenute da recupero e riciclo di rifiuti di plastica, e si riferisce ai sottoprodotti di materie plastiche nonché ai materiali, alle sostanze ed agli oggetti di plastica generati da cicli produttivi o di preconsumo che hanno le caratteristiche delle materie plastiche prime-secondarie sin dall’origine (indicate nel testo come “materie plastiche prime secondarie all’origine”) che l’industria utilizza per la produzione di miscele di materiali e/o di manufatti, nelle forme usualmente commercializzate, o per altri fini. Inoltre, definisce i sottoprodotti di materie plastiche e materie plastiche prime-secondarie dall’origine: materiali costituiti da residui, sfridi, e scarti industriali plastici pre-consumo derivanti sia dalla produzione, sia dalla trasformazione dei polimeri, immessi direttamente sul mercato senza pretrattamenti, salvo l’eventuale macinazione o altra operazioni di riduzione volumetrica per via meccanica, poiché già rispondenti ai requisiti merceologici del settore (con riferimento alle eventuali pertinenti norme della serie UNI 10667), per ulteriori attività di produzione/trasformazione delle materie plastiche, e che non contengono sostanze estranee al materiale plastico superiori all’1%.

La norma, coordinata con l’art. 184-bis, offre un interessante elemento per chiarire che cosa possa dirsi normale pratica industriale nella parte in cui precisa che la macinazione e la riduzione volumetrica per via meccanica non costituiscono trattamento e di conseguenza – possiamo sostenere – rientrano nella normale pratica industriale.

A questo punto diventa fondamentale individuare una procedure di distinzione tra rifiuti e sottoprodotti ex d. lgs. 152/06. Per avere un supporto in tal senso i riciclatori di rifiuti plastici e per i produttori di manufatti ottenuti dalla trasformazione di rifiuti plastici possono avvalersi, con riguardo alle suddette operazioni, di un Ente terzo accreditato ed indipendente come IIP, che possa utilmente verificare la conformità dei residui in questione agli specifici standard preposti nella normativa di riferimento.

E’ chiaro inoltre che assoggettare al regime di controllo di IIP la suddetta attività mediante l’adozione di un sistema verificato consentirebbe, da un lato, alle aziende di operare informandosi implicitamente alle linee di condotta fornite dalle norme cogenti, dall’altro, assicurerebbe una maggiore garanzia qualitativa dei prodotti ottenuti dalla trasformazione delle materie plastiche anche in vista dei frequenti e rigidi controlli avviati dalle varie autorità.

Per tali motivi risulta utile raccogliere le evidenze della classificazione del sottoprodotto in un rapporto di ispezione, ad opera di un Ente di Certificazione ed Ispezione come IIP, che possa essere conservato per future esigenze o richieste da parte degli Organi di controllo e ripetere l’ispezione periodicamente ed in particolare nel momento in cui dovessero essere realizzati cambiamenti significativi del processo produttivo (ad esempio nuove materie prime o impianti) tali da poter modificare la rispondenza del materiale alla definizione di sottoprodotto (si suggerisce di rinnovare l’ispezione con una frequenza almeno biennale al fine di avere a disposizione sempre una conferma periodica dell’attualità della procedura).

Come richiedere il rapporto di ispezione.
Per richiedere l’ispezione, l’azienda deve contattare l’IIP ai suoi riferimenti. L’istituto provvederà all’invio dei moduli di richiesta che devono essere compilati dall’azienda ed inviati all’IIP.

Successivamente l’Istituto formulerà ed invierà una proposta economica ed a seguito dell’accettazione della stessa contatterà l’azienda per programmare la verifica ispettive che si compone generalmente di un audit condotto da un team di auditor presso l’organizzazione e/o i suoi fornitori al fine di verificare la conformità dell’organizzazione alla norma di riferimento (UNI 10667) e alle disposizioni legislative applicabili (es. Dlgs 152/06 e Dlgs 205/10 per la nozione di sottoprodotto).

Il rapporto di ispezione con le relative evidenze viene inviato dal team di audit al comitato Tecnico di IIP che lo esamina e lo rilascia all’azienda.